Il Riformista.it – I simboli sono la nostra storia, Maresca non può imporci di cancellarli

image_pdfimage_print

maresca-catello1-900x600

Catello Maresca, nel suo primo comizio in piazza a Napoli, ha usato una espressione assolutamente inaccettabile nei confronti dei partiti politici: «Me ne fotto dei simboli». Questa frase mi ha fatto gelare il sangue e accapponare la pelle. Si tratta di un messaggio intollerabile, diseducativo, assolutamente inopportuno, non appropriato a chi mira a divenire il sindaco della terza città d’Italia.
I simboli, caro pm Maresca, hanno un valore straordinario. Te lo dice un politico che da tempo non milita più in nessuna formazione partitica, ma che ha vissuto intensamente e con passione una vita a destra, prima nel Movimento sociale italiano, poi in Alleanza nazionale e successivamente nel Popolo della libertà. Ho avuto il privilegio, il piacere e l’onore di vivere con milioni di italiani le stagioni formidabili della politica. Nella mia città ho conosciuto i giganti della politica: Almirante, Pannella, Galasso, Di Donato, De Lorenzo, Valenzi, Chiaromonte, Scotti e potrei continuare a lungo. Caro Maresca, tu non hai alcun diritto di lanciare questa bestemmia nelle piazze di Napoli, offendendo storie, identità, passioni, sacrifici e battaglie. Per non parlare delle centinaia di giovani di destra e di sinistra che, in nome di un ideale e di un simbolo, ci hanno rimesso la vita. I simboli, per alcuni di noi, hanno un valore sacro, spirituale, trascendente. Non sono acqua fresca.

Caro Maresca, non discuto il tuo civismo, la tua voglia di rinnovamento, il tuo voler inseguire un nuovismo che comunque dovrà scontrarsi con la dura realtà di una città come Napoli che per dieci anni è stata lasciata nelle mani di un demagogo, di un parolaio, di un istrione. Rispetto tutto ciò, ma tu non puoi non riconoscere il valore dei simboli che hanno alle spalle una storia autorevole e con solide radici. La destra, in Italia e a Napoli in particolare, ha saputo conquistare le stellette sul campo. Almirante è stato nella Sala dei Baroni uno straordinario protagonista, per me il migliore. La sua bandiera che ancora vive in un simbolo, seppur rinnovato, non può essere ammainata. Non può chiederlo Maresca e non possono chiederlo altri. Non è accettabile. E penso che un discorso analogo valga per tutte le altre formazioni politiche. Quando Pino Rauti all’interno della destra politica contrastava il progetto di Almirante lanciando la sua affascinante battaglia dello “sfondamento a sinistra”, molti gli facevano notare che l’impresa sarebbe stata ardua, se non impossibile.
Esisteva la concreta possibilità che, per inseguire il voto della sinistra, si perdesse il consenso certo a destra. Infatti, quando Rauti, uomo di elevata cultura, dopo aver conquistato in un regolare congresso la segreteria del partito, vide naufragare il suo progetto, scelse volontariamente la via delle dimissioni. A Napoli, caro Maresca, il centrodestra non può consentirsi il lusso di continuare nella strada degli errori. I partiti non possono essere ridotti a ruoli accessoriali o di tappezzerie. Per conquistare Palazzo San Giacomo bisogna saper convivere e coabitare. Sono le regole del viver civile e della politica. Mi ero permesso, caro Maresca, a poche ore dal tuo primo comizio in piazza, di darti qualche consiglio disinteressato. Probabilmente non sarò riuscito a spiegarmi. Ma, a buon diritto, ti chiedo di cambiare tono e taglio dei tuoi pronunciamenti perché esiste il concreto rischio di buttare a mare una storica occasione. La politica non può essere affidata alle battute e agli slogan. La politica è una cosa troppo seria.
Le battute rischiano di incenerire qualsiasi progetto, soprattutto quelli in laboratorio. Le parole, in politica così come nella vita, hanno un valore e un peso straordinari. E quando si parla in pubblico lasciano pesantemente il segno. Lo stile non è un optional. Ricordalo, se puoi, per i prossimi appuntamenti in piazza. Forse c’è ancora tempo per recuperare. Un magistrato che è passato alla storia d’Italia, Paolo Borsellino, non fece mai nulla per prendere le distanze dai valori e dai simboli che avevano caratterizzato la sua giovinezza. Fu sempre orgoglioso della sua storia di uomo di destra, tanto da non smarcarsi dalla scelta di 47 parlamentari italiani che lo indicarono quale presidente della Repubblica. Altro stile, altri tempi.

[Fonte: www.ilriformista.it]

  • Facebook
  • Twitter
  • Delicious
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Add to favorites
  • Email
  • RSS

Comments are closed.

Post Navigation