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Spesso, in qualche occasione di dibattito, ci è accaduto di citare la legge sull’urbanistica del 1942 come una normativa dalle molte ricadute positive, perchè – tra l’altro – mirava ad impedire la crescita anarchica delle città e a fronteggiare dunque in prospettiva che adesso definiremmo “strategica” l’esplodere delle megalopoli, con tutto quello che il fenomeno comporta, ormai a livello planetario, per cui non sono pochi quelli che pensano come questo siano dei fenomeni piu’ drammatici della fase storica che stiamo attraversando
In termini quantitativi non vi è dubbio che sia così; eppure, un fenomeno di tanta ampiezza è lasciato libero di sviluppare e di “crescere” con impeto dirompente, benchè tutti – urbanisti e sociologi e amministratori locali – stanno li intorno a deplorare le conseguenze. Contro le quali non si fa nulla, ecco il punto – ma ad evitare le quali – ecco un’altra “sottolineatura” che abbiamo sempre chiamato in campo – si fa reperibile ancora meno.
Su un numero recente di “Newton”, sotto il titolo “Troppa gente in poche città”, dopo aver precisato nell’occhiello che “nel 2055 saremo 10 miliardi” Giovanni Sartori insiste sulla gravità della situazione. E troviamo nel suo scritto, punti e spunti quanto mai interessanti:
” Nei prossimi cinquant’anni gli abitanti del Pianeta passeranno da 6,3 a 9,3 miliardi di persone, con oltre il 99 per cento della crescita concentrato nei Paesi poveri. Lo sostengono in un recente studio gli esperti del Population Reference Bureau di Washington, un’organizzazione che si occupa di statistiche e proiezioni demografiche. L’India sarà la nazione più popolosa del mondo (arriverà a 1,63 miliardi di persone) e sorpasserà la Cina che oggi detiene il primato. Secondo i demografi della Commission on Population and Development delle Nazioni Unite, inoltre, da qui a due anni la metà della popolazione mondiale vivrà nelle città. Nel 2030 saranno addirittura 5 miliardi le persone ammassate nei centri urbani. Cifre da capogiro. Riuscirà la Terra a sopportare questo aumento vertiginoso dei suoi abitanti? La polemica è aperta fin dal 1700, quando Thomas Robert Malthus spiegò come la crescita della popolazione dovesse essere fermata pena la distruzione del Pianeta. «Ora la situazione sta diventando grave», assicura il politologo Giovanni Sartori, autore del libro La Terra scoppia (Rizzoli). Nel 1500 eravamo 500 milioni, all’inizio del ‘900 un miliardo e 600 milioni e oggi siamo 6 miliardi. In un solo secolo la popolazione si è più che triplicata. E nessuno dice niente. Non lo fa la Chiesa, per ovvi motivi, e neppure i politici. Questo silenzio è davvero drammatico». E i problemi cominciano a farsi sentire. «L’acqua, per esempio, è già insufficiente. Oltre un quinto della popolazione mondiale soffre per la sua mancanza. Per non parlare della desertificazione: circa due miliardi di ettari di terra arabile e da pascolo, quasi quanto Stati Uniti e Messico insieme, risultano degradati o persi per sempre. E persi sono quasi i quattro quinti delle foreste e oltre la metà della restante parte è in pericolo. Una devastazione che non è compensata dal rimboschimento, perché il 60 per cento degli abbattimenti è fatto da coloro che cercano nuova superficie coltivabile per sfamarsi». Ma il mondo potrà sopportare 10 miliardi di persone con il nostro stesso stile di ^/ita? Secondo le previsioni più caute si stima che il fabbisogno energetico triplicherà entro il 2007 e quadruplicherà per il 2100.«Bisogna subito cambiare strada», avverte Sartori. «Riproducendosi a questi ritmi l’Homosapiens distruggerà se stesso».)”