Condizione femminile: è allarme ONU

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È davvero tipico del mondo in cui viviamo: si dà enorme rilievo – soprattutto mediatico – a problemi e vicende di scarsa importanza sostanziale e si chiudono gli occhi di fronte a situazioni di ben altra, e spesso drammatica, consistenza.

E così è accaduto che mentre si levasse un chiasso incredibile, lì a Montecitorio e nei suoi immediati dintorni, sulla vicenda delle “quote rosa” nelle liste elettorali quasi non si è fatto caso alla triste e documentata denuncia che viene dall’ONU sulla condizione femminile nella società contemporanea e che ben si riassume nel titolo dei giornali: “Donne, l’allarme dell’ONU” –  violenze contro, una su tre”

Si tratta del rapporto dellONFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione; un documento presentato “in contemporanea in tutto il mondo” e che affronta in modo esaustivo e anche abbastanza organico sul ruolo che dovrebbe avere la donna nella lotta per lo sviluppo.

Che dovrebbe avere; ma che non ha.

Nel rapporto, gli esperti dell’ONU parlano ovviamente un po’ di tutto, nel senso che, come è giusto, intrecciano e mettono in relazione al ruolo della donna e specie della e giovane, tanti altri “fattori sociali” – come sanità, istruzione, situazioni di famiglia – ma mettono in luce un rapporto nuovo (e positivo): i Paesi dove si registrano i tassi di crescita più alti sono quelli nei quali più ci si batte contro il divario fra uomo e donna.

Ma bisogna fare attenzione anche ad un altro dato messo in luce dal Rapporto: che la situazione “violenta” contro le donne non è solo tipica del mondo cosiddetto sottosviluppato.

Il fenomeno compare anche in Canada e in Australia e negli Stati Uniti: “in questi Paesi il 70% degli omicidi femminili sono compiuti dai patners”; segue anche il fenomeno della disgregazione della vita di famiglia di tipo classico, incide pesantemente in modo negativo sulla condizione femminile. Che si è aggrava anche per un’altra “piaga” che si sta diffondendo: muoiono troppe giovani per complicazioni legate al parto; ne sono morte 529 mila nel 2000 – ultimo anno di rilevazioni statistiche attendibili – e per ognuna che ne muore, abbiamo 10/12 donne, soprattutto ragazze e spesso minorenni che restano ferite, mutilate o invalide. Siamo fra gli 8 e 12 milioni ogni anno.

E dunque, andare avanti – affrontando i costi che ne derivano – sull’aiuto alle donne, alle giovani: investire sulle bambine oggi significa puntare sullo sviluppo domani.

Tenendo anche conto di un altro dato di fatto: è vero che il tasso di crescita demografica nel mondo non è più quello di una volta ma anche andando avanti con gli attuali ritmi più “lenti” entro i prossimi 30-40 anni la popolazione passerà dagli attuali 6 miliardi e mezzo a nove miliardi; e la crescita sarà concentrata quasi esclusivamente nelle aree che già oggi restano, ancora, le più povere.

Pino Rauti

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