Quando si parla di clima, c’è un dato da tener presente: che nella regione artica, il clima si scalda due volte di più che nel resto della Terra

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Quando si parla di clima, c’è un dato da tener presente: che nella regione artica, il clima si scalda due volte di più che nel resto della Terra. Questo è il dato che viene invece sottolineato nell’ultimo Rapporto dell’Artic Climate Impact Assessment – Valutazione dell’impatto climatico nell’Artico, che è l’Organizzazione di esperti dei Paesi intorno all’Oceano dei ghiacci. Si tratta di Canada, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti, più il “Nunavut”, o nazione degli Inuit. Il Rapporto è frutto di 4 anni di lavoro e consiste di 144 pagine, redatte ad opera di 300 specialisti.

Se ne parla a Reykjavik (Islanda) al Consiglio per l’Artico.

Le proiezioni a lungo termine sono “devastanti” ma anche l’attualità è assai preoccupante per quanto concerne l’assottigliamento del «permafrost», lo strato di terra perennemente ghiacciato.

In America c’è crisi anche nelle aziende del “software”, dove sino a poco tempo fa c’erano utili elevatissimi. La causa della crisi?

La delocalizzazione. Che è avvenuto prima verso il Messico e ora verso le Filippine, l’India e la Cina, dove si ricorre al lavoro di laureati che costano dalle cinque alle venti volte meno che negli Stati Uniti. Si è cominciato con i cosiddetti “call center” (i servizi di assistenza per i clienti) e adesso siamo alle “filiere” che progettano le nuove generazioni dei microprocessori.

Negli ultimi due anni sono stati persi quasi 500 mila posti di lavoro, dalle “aree high-tech” di Boston, Dallas e di San Francisco.

E così – anche sa alla notizia è stato dato poco rilievo, causa elezioni in USA – l’Uruguay si è dato un Presidente di sinistra. Ed è la prima volta nella sua storia. Il nuovo eletto, Tabare Vazquez – ex sindaco di Montevideo – disporrà anche di una notevole maggioranza parlamentare, nonostante abbia ottenuto solo il 51% dei suffragi.

L’Uruguay? È così piccolo e lontano, diranno certamente in Italia, specie nei dintorni di Palazzo Chigi e della Farnesina.

Errore grave.

Il risultato uruguayano è importante nell’ambito e per l’avvenire del “Mercosur”, il mercato comune regionale che riunisce – oltre all’Uruguay – Argentina, Brasile e Paraguay. Il ministro argentino degli Affari Esteri, Rafael Biella, alla vigilia delle votazioni, ha affermato che se Vazquez avesse vinto “tutta la Regione slitterà a sinistra”. Adesso, però, la partita è aperta nell’ambito del variegato schieramento che ha eletto il nuovo presidente, che appare, personalmente, come assai “moderato” rispetto ai filoni ultrà che vengono dall’esperienza armata dei Tupamaros. I quali si fanno forti della gravità della crisi economica fra i 3-4 milioni di abitanti. Una crisi che si trascina dal 2002, che si sta aggravando e che ha raddoppiato il numero dei poveri rispetto al 1999.

Ce ne sono, adesso, 805.000……….

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