Nella giornata di sabato si è spento, a Roma, Luciano Pellicani notizia rimbalzata sulle agenzie e nei TG.
Il ricordo è affidato ad un suo amico, Cosimo Schinaia.
Ruvo oggi piange uno dei suoi figli più arguti, coraggiosi, intellettualmente più complessi.
Chi scrive lo ha sempre stimato, letto, talvolta combattuto lealmente, ma anche amato per essere un intellettuale aperto, rigoroso e quindi rivoluzionario.
Di lui tutti leggeranno che è stato filosofo, sociologo, professore alla LUISS di sociologia e antropologia, direttore della scuola di giornalismo e tante altre cose….
A me piace ricordare e portare all’attenzione di tutti lo spessore politico dell’intellettuale che da studioso come pochi del marxismo seppe allontanarsene con lucidità ed intraprendere una strada nuova che lo portò a costruire in Italia il sogno di un socialismo riformista.
Luciano venne prima di tutti, con lucidità conquistò il Bettino Craxi che voleva indipendenza dal PCI e fu lui a scrivere la bibbia del nuovo socialismo in Italia.
Si badi che la sua figura non deve essere confusa con il crollo “per mani pulite” del fenomeno craxiano.
Il suo lavoro da “intellettuale” andò oltre i modi italici d’essere cortigiano. Anzi, non lo fu mai!
Mentre tutti si giovavano di incarichi ben retribuiti e poltrone parlamentari, Luciano prese la direzione della rivista “Mondoperaio” e assieme ad Antonio Landolfi creò contatti, cultura attenta e ideologicamente revisionista.
Se Craxi usava il riformismo socialista come arma di governo e di potere, Luciano Pellicani, andando oltre, ebbe la visione del “Socialismo Tricolore”.
Poderosa “visione” che mirava a ricompattare le divisioni post risorgimentali della sinistra, superando anche quelle post guerre mondiali.
La sua strada era moderna, una visione di un nuovo capitalismo, legato all’identità di popolo, che facesse tesoro delle intuizioni giustamente marxiste e del sindacalismo rivoluzionario, e qui è la “bomba”, i manicheismi che irrigidiscono la Destra e la Sinistra, cercando di “andare oltre”.
Un percorso impervio in politica e negli ambienti culturali, da sempre bigotti e conservatori.
Furono fatti grandi passi, la riscoperta unitaria di Giuseppe Garibaldi, il mazzinianesimo, ma anche gli studiosi del corporativismo. L’animo di Luciano pulsava e tanti, come dirò, sono stati i suoi contatti, non da operatore culturale, bensì da autorevolissimo filosofo e sociologo.
Mondoperaio divenne una fucina su un mondo che tutto di un tratto pareva scuotersi dal torpore ventennale.
Poi la caduta rovinosa di Craxi, lo scioglimento del PSI e tutto cadde nel torpore del deja vù, e l’Italia perse la memoria, la bussola e le forze conservatrici presero il sopravvento.
Ma Luciano Pellicani restò sempre un grande intellettuale come pochi; continuò a scrivere, insegnare, riflettere ad animo intrepido e senza paura.
Osò, nei suoi articoli sul “Foglio”, spiegare:
– perché Umberto Eco era su Marx e Pericle un cattivo maestro;
– analizzò le miserie del neoliberismo;
– studiò la figura di Vilfredo Pareto;
– come la Rivoluzione Francese avesse assaltato le Libertà;
-perché l’anticapitalismo di Zygmunt Baumann fosse un falso storico;
-come la globalizzazione avesse reso il mondo migliore.
Da queste analisi si capisce la congruità di un pensiero non retorico, ma libero e quindi ostico ai ciambellani del potere.
Questo è stato Luciano Pellicani. Tanti a Ruvo lo ricorderanno socialista, parente dell’On. Michele Pellicani e appartenente alla famiglia socialista.
Eppure Luciano ha saputo andare ben oltre.
Per ciò che è stato merita il cordoglio e la memoria di uno dei figli più illustri della nostra terra.
Il mio invito è anche a chi guida la cittadinanza a dare lustro ad un suo figlio indomito che ha saputo rompere il muro di una cultura stantia ed ha dato seme ad una rinascita culturale di stampo nazionale ed europeo.
Qualcuno potrà chiedersi perché proprio io, Cosimo Schinaia, nazionalpopolare e fascista di sinistra, abbia pensato a questo ricordo.
Spiego subito. Negli anni in cui Luciano Pellicani dirigeva Mondo operaio e il Socialismo Tricolore era qualcosa che prendeva forma, tramite Giano Accame, giornalista pacciardiano e Antonio ed Enrico Landolfi, giornalisti e sodali di Luciano, si ebbero contatti con il segretario dell’allora MSI, On. Pino Rauti.
Nella Segreteria e nella Direzione del MSI, di cui facevo parte, si parlò dei contatti tra l’on. Rino Formica e il sen. Araldo Di Crollalanza in sede parlamentare.
Lo scopo era di aderire all’idea costruttiva di un nuovo fronte che, più che essere banalmente anticomunista e anti tutto, trovasse nuovo humus in una ricomposizione delle anime socialiste di cui un filone fondamentale era il patrimonio sociale missino.
Il dibattito ferveva mentre l’allora rivista “Panorama” fece un’intervista a Pino Rauti dal titolo: “Parla Rauti: io sto con il Garofano”.
Ricordo lunghe telefonate con il mio segretario Pino Rauti per un nuovo corso che facesse tornare quel socialismo rivoluzionario nell’antica casa socialista e liberarlo dalla Destra storica. Luciano era coraggioso, come il mio Pino, ma entrambi non ebbero successo.
Poi come sappiamo Craxi cadde rovinosamente e le forze centriste e conservatrici riportarono il MSI a destra e poi in AN.
Tutto questo è storia vecchia, ma che spiega la miseria del presente, così vuoto di uomini di pensiero lucidi e coraggiosi.
Ruvo perde uno dei pensatori unici nella sua storia ed io un caro avversario con cui mi sono scontrato ma anche dialogato e incrociato speranze.
Che la terra gli sia lieve!
[Fonte: www.ruvochannel.com]