Un’arte: quella di tingere il legno

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Colorare e schiarire il legno: l’arte di tingere il legno era conosciuta fin dall’antichità, si dal tempo degli Egizi e dei Persiani. Questa tecnica è stata documentata però solo in epoca più tarda: greco-romana. Abbandonata durante il medioevo, fu reìntrodotta alla fine del Quattrocento grazie ad alcuni intarsiatori che, per rendere un maggior effetto cromatico alle tessere usate la utilizzarono nei loro laboratori. Infatti , le tessere vennero colorite e ombreggiate effettuando la bollitura delle essenze con liquidi colorati con estratti naturali.

La tintura, a differenza della verniciatura, permette di conferire al legno la colorazione desiderata senza avere l’effetto coprente proprio della verniciatura. Pertanto, dopo la tintura i disegni delle venature, la tessitura delle fibre, i nodi o marezzature restano ben visibili lasciando al legno questa inimitabile caratteristica che lo rende unico e così vivo. L’ebanista o il restauratore sono interessati alla coloritura superficiale dell’essenza che viene sottoposta a questo trattamento prima o durante la fase di lucidatura.

La tintura del legno, potrebbe in un primo momento sembrare cosa alquanto semplice, ma così non è: il risultato della tintura dipende sia dal tipo di tinta usata che dalla reazione delle sostanze contenute del legno. La tinta deve essere compatibile con tutti gli altri materiali che intervengono nel restauro :colle,stucchi, cere o gommalacca. Apprestarsi a tingere il legno potrebbe quindi supporre una elevata conoscenza tecnica e scientifica. I vecchi restauratori, possiedono una conoscenza empirica di questi fenomeni, data da numerosi anni di esperienza: tale conoscenza porta sicuramente a ottimi risultati.

Ecco come stanno le cose:
I mordenti: alle tinte naturali, di origine vegetale o minerale si sono aggiunte sostanze sintetiche derivanti dal catrame. Fra le tinte di origine vegetale , usate sin dalla antichità: il thè, la cicoria ed il mallo di noce sono quelle più note, vanno preparate per infusione e utilizzate a caldo. Queste tinte venivano usate per ravvivare le essenze nazionali (legno di frutto, quercia e faggio). Altre tinte, forse meno note sono la curcuma, il campeggio, l’indaco, il cartamo e lo zafferano. Altri coloranti erano di origine animale estratti da alcuni insetti della famiglia degli Omotteri, come la cocciniglia ed il Kermes. La Terra dì Cassel di origine minerale ed impropriamente chiamata “mordente noce” assai diffusa oggi in commercio. Questi prodotto viene estratto dalla torba proveniente dalla zone di Colonia e di Cassel ed è commercializzato in frammenti bruni che si sciolgono in acqua bollente. In commercio esistono tinte color Noce, Mogano, Ebano. Le proporzioni della soluzioni si dosano a seconda dell’intensità di colore che si vuole ottenere. Se si aggiunge qualche goccia di ammoniaca la Terra di Cassel assume sfumature violacee. Mentre, se addizionata con anilina rossa, assume sfumature della tonalità del mogano. Come le altre tinte a base acquosa, la stabilità alla luce è buona. Di seguito riporto un semplice ricettario che può dare un piccolo suggerimento di come procedere per ottenere la tonalità voluta :

• Noce chiaro e quercia: diluire la composizione base in acqua (sciogliere un paio di manciate di granuli in mezzo litro d’acqua in ebollizione)
• Noce scuro: diminuire la quantità d’acqua nella composizione base
• Noce rossiccio: aggiungere alla composizione base un poco di mogano
• Mogano Chiaro: aumentare le dosi d’acqua nella composizione base
• Mogano scuro: diminuire la quantità d’acqua nella composizione base
• Mogano con riflessi bruni: alla composizione base aggiungere un poco di noce
• Ciliegio: Noce Base più Mogano Base
• Ebano con riflessi: alla composizione base aggiungere un poco di Mogano

Le aniline: Le tinte estratte dal catrame vengono comunemente chiamate aniline. La gamma dei colorì disponibili va dal giallo al bruni cupo, si acquistano in mesticheria sotto forma di polveri commercializzate in bustine da poche decine di grammi. Le aniline si distinguono in dipendenza dal solvente: aniline all’acqua o aniline all’alcool. Le aniline all’acqua sono, come la terra di Casse!, più stabili alla luce e compatibili con prodotti vernicianti a base alcolica e sintetica.

Altro vantaggio delle tinte ad acqua è la loro praticità, in quanto possono essere miscelate fra di loro e con quelle di origine naturale per ottenere tonalità intermedie. Inoltre il loro impiego è piuttosto semplice in quanto ripassando su una parte appena trattata, non si rischia di lasciare aloni o chiazze più scure dal momento che l’acqua evapora lentamente.

Le aniline all’alcool sono particolarmente indicate per tingere i legni molto sottili (piallacci e lastroni) che, se trattati con grandi quantità d’acqua, si imbarcano e deformano tendendosi a staccare. L’uso di tinte all’alcool non è comunque semplice poiché l’alcool può deteriorare la colla, per cui occorre proteggere le giunzioni con uno strato di paraffina. Possono dare luogo a tinte non uniformi se stese da mani poco esperte e non ultimo, la lucidatura a gommalacca è possibile solo dopo circa una quarantina di giorni dal trattamento di tintura.

Esiste anche un metodo di tintura del legno che si basa non sull’aggiunta di pigmenti colorati, ma sulla reazione con i tannini del legno facendoli diventare più scuri. Questo metodo, chiamato mordenzatura, da effetti esteticamente molto validi, ma è di una elevata difficoltà in quanto l’esito no è prevedibile a priori se non con una grande esperienza.

Bicarbonato di potassio: I cristalli di bicarbonato di potassio sono praticamente indicati per la colorazione del mogano. Questo metodo viene usato anche per dare al legno un spetto anticato. Si presta bene per armonizzare le integrazioni nuove. Ai cristalli viene aggiunta acqua necessaria allo scioglimento completo. Al momento dell’uso si aggiunge acqua per poter ottenere la giusta colorazione. Sebbene il liquido risultante sia un arancio vivo, da al legno un colore caldo e piacevole. Se usato molto concentrato si ottiene una colorazione quasi nera. Lo scurimento del legno non avviene appena applicato, ma ad asciugatura avvenuta.

Schiarire il legno: L’imbiancamento è un procedimento usato per schiarire i legni che poi verranno tinti in seguito al fine di uniformare meglio le integrazioni.

L’acqua ossigenata è la sostanza sbiancante più consigliabile dal momento che svolge un’azione poco dannosa sulle fibre legnose, è adatta tutte essenze e non richiede risciacquo poiché i suoi componenti evaporano spontaneamente » durante l’essiccazione. L’acqua ossigenata ad alte concentrazìoni (60-130 volumi) stabilizza con acido forte, va attivata al momento dell’uso con sostanza alcalina, ad esempio l’ammoniaca diluita.

Nota dell’esperto: Per la sbiancatura del legno, ho utilizzato una soluzione ottenuta componendo al 95% acqua ossigenata a 100 volumi e per il rimanente 5% ammoniaca pura. Per ciò che attiene al processo di sbiancamento , dopo avere indossato dei guanti protettivi, con un pennello ho incominciato a spennellare la parte da trattare lasciando qualche minuto come tempo d’azione della soluzione sul legno. Mi raccomando di usare anche una mascherina , perché i vapori dell’ammoniaca sono terribili. Successivamente con una pezza di cotone si strofina energicamente la parte da trattare.

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