La vera “utilità ” e’ nello Stato Sociale

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Escono pochi libri a difesa delle cose così come stanno; pochi libri che tentino di difendere lo status quo economico e sociale qual è ormai evidente in base alle regole e norme del liberalcapitalismo. Mentre ne escono molti, di libri, che sono tutta una contestazione; e che vengono non soltanto dall’aria di sinistra Ne escono anche laddove meno te li aspetteresti; da economisti di scuola ” liberale “. Com’è questo volume di Richard Layard (ed.ni Rizzoli pagg. 357 Euro 18,50) che è intitolato ” Felicità ” e è tutto teso a dimostrare, come rigore scientifico e ricchezza di dati statistici, è quella parola può coincidere solo con lo “Stato Sociale”.E il libro è tanto più sorprendente in quanto è opera di unti docente qualificato della “london School of Economies”, ed è stato a lungo consulente di Tony Blair e adesso è entrato nella Camera dei Lord.E lascia un poco interdetti il fatto che l’autore si richiami alla filosofia di Jeremy Bentham, pensatore ha settecentesco e che fu il ” padre dell’utilitarismo “.Ma, secondo Layard, anche quella ” struttura ” filosofica, per avere uno sbocco logico, e non rimanere confinata nell’astrattismo utopistico, deve arrivare ad una sola conclusione: la ” felicità ” sta nel fatto che ogni singolo individuo deve sentirsi soddisfatto e sereno; soddisfatto dei suoi bisogni essenziali e concreti, nelle sue esigenze quotidiane e sereno quando si rivolge a guardare le sue prospettive future, di quando sarà anziano e pensionato. Tutto ciò è stato ” battuto in breccia “, documenta Layard, soprattutto dell’individualismo economicistico di stampo statunitense mentre l’Europa, sia i sindacati che la ” dottrina sociale ” della chiesa hanno tentato di salvaguardare un ” modello ” appunto, di natura più sociale e comunitaria. Quella che si voleva evitare -e ci si è purtroppo riusciti solo in parte- era la ” condanna ” dei lavoratori ad un ruolo contrassegnato -anche in termini esistenziali-dal precariato, facendo venir meno ‘” lo scopo della politica e della scienza economica” che è quello di ” trasformare il mondo in un posto più amichevole, non in un campo di battaglia tra imprese e singoli individui “.Punto debole del libro, a nostro avviso è l’apprezzamento positivo della “globalizzazione”; ma il valore del libro, il suo vero contenuto culturale, sta in quello che abbiamo detto sopra.

Pino Rauti

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